Come avevamo ampiamente previsto, il Parma Calcio 1913 S.r.l. ha chiuso il bilancio al 31/12/2022 con una perdita di € 98 milioni, che porta a € 208 milioni le perdite nei 2 anni e 4 mesi della gestione Krause, € 280 milioni di perdite da quando ha avviato l’attività a luglio 2015.
Una voragine di gran lunga superiore a quella che ha condotto al fallimento del Parma F.C. sotto la gestione Ghirardi / Taçi / Manenti.
Il bilancio del 2022, ancora più dei precedenti, evidenzia una impressionante sproporzione tra i ricavi e i costi. A fronte di ricavi per € 32,5 milioni (di cui € 12,7 milioni una tantum per il contributo paracadute di retrocessione) i costi sono € 130,5 milioni.

Una situazione di dissesto senza logica e senza alcuna apparente prospettiva di essere risanata, che ha la sua principale causa nello spropositato ammontare del cosiddetto “costo del lavoro allargato”, costituito dagli stipendi e dagli ammortamenti dei calciatori, che ammonta a € 94,3 milioni, così suddivisi:
- € 49,8 milioni per salari e stipendi (76 calciatori, 69 tra allenatori e staff tecnico, 3 dirigenti, 2 quadri e 47 tra impiegati e operai) che diventano € 54,8 milioni compresi oneri sociali e TFR.
- € 39,5 milioni per gli ammortamenti (1) dei diritti pluriennali dei calciatori di proprietà.
Il Parma Calcio 1913 parte ogni anno con un fardello in negativo di € 94,3 milioni di costi per stipendi e ammortamenti calciatori.
Ma come si è generata questa situazione? Come è possibile che per l’ottavo esercizio consecutivo il Parma Calcio 1913 abbia chiuso i conti in perdita?
La principale causa di questo spaventoso dissesto deriva dagli acquisti di calciatori nel corso degli anni, con contratti spesso poco vantaggiosi per la società. Un totale di € 173,3 milioni, a costo storico di acquisizione, di cui € 108,2 milioni ascrivibili alle gestioni di Nuovo Inizio (i “magnifici” sette imprenditori parmensi) / Lizhang / Nuovo Inizio, che hanno fatto crescere in modo spropositato i debiti, i costi di ammortamento e i costi per salari e stipendi.
Di seguito la lista dei calciatori di proprietà a bilancio 2022.

A titolo di esempio, ecco i casi più eclatanti di calciatori acquistati dalle precedenti gestioni (Nuovo Inizio / Lizhang / Nuovo Inizio) e ceduti o svincolati nel 2022:
- Karamoh Yann: costo storico € 8.006.768, venduto a € 0 (zero).
- Kucka Juraj: costo storico € 6.410.000, venduto a € 0 (zero).
- Sepe Luigi: costo storico € 4.580.000, venduto a € 1.000 (mille!).
- Adorante Andrea: costo storico € 4.141.050, svincolato.
- Da Cruz Alessio: costo storico € 3.475.000, venduto a € 0 (zero).
- Sprocati Mattia: costo storico € 3.080.000, venduto a € 0 (zero).
- Brugman Gaston: costo storico € 2.550.000, venduto a € 2.200.000.
- Laraspata Michele: costo storico € 935.030, venduto a € 0 (zero).
Alla luce di quanto considerato è indubbio che la situazione del Parma Calcio 1913 era ampiamente compromessa già prima dell’arrivo di Krause.
E non va certo meglio per quanto riguarda la situazione patrimoniale, cioè il mantenimento del valore dell’impresa. Basti pensare che il Parma Calcio 1913, a fronte di conferimenti soci e prestiti, erogati negli ultimi 2 anni e 4 mesi, per totali € 306,7 milioni, chiude il 2022 con € 116,8 milioni di debiti, cui vanno sommati € 15,5 milioni di passività potenziali (fidejussioni), e con un valore patrimoniale (patrimonio netto) di soli € 13,4 milioni.
Davanti a queste cifre, che evidenziano una situazione del tutto illogica e allarmante, sembra che l’unica preoccupazione della proprietà del club di calcio e di larga parte dell’amministrazione comunale di Parma, sindaco Michele Guerra e assessore Marco Bosi in testa, sia quella di realizzare il nuovo stadio di calcio.
Per chi sostiene che è il nuovo stadio il rimedio universale per “scongiurare il fallimento di un club” e risolvere ogni problema, ci sono brutte notizie. Costruire il nuovo Tardini comporta innanzitutto un investimento a debito di almeno € 80 milioni, sulla cui possibilità di ritorno ha espresso una autorevole e documentata bocciatura lo stesso advisor incaricato dal Comune di valutarne il piano economico finanziario.
Basta fare due conti sul bilancio 2022 del Parma Calcio 1913 per vedere che i ricavi attribuibili allo stadio sono € 562.965 per abbonamenti (un po’ poco per i 6.000 abbonati dichiarati dalla società: la media è di soli € 94 per abbonamento), € 835.588 per biglietti gare giocate in casa e € 2.631.202 per cartellonistica pubblicitaria, che ammontano in totale a € 4,0 milioni. Ricavi da cui vanno ovviamente sottratti i relativi costi per utenze, manutenzioni e riparazioni, servizi di biglietteria e controllo ingressi e altri costi attribuibili all’impianto sportivo, che assommano in totale a circa € 3,0 milioni, lasciando un risicato margine di € 1 milione. Un valore del tutto insignificante rispetto a uno sbilancio di conto economico che divora € 100 milioni all’anno.
Giusto per sedare gli animi più ottimisti: 2.500 metri quadri di spazi commerciali (GLA) annessi all’impianto sportivo possono produrre non più di € 0,35 milioni di ricavi annuali da locazione, da cui vanno ovviamente sottratti i costi per oneri finanziari (mutuo), manutenzione e gestione. E altrettanto, circa, un parcheggio interrato di 160 posti auto.
Il nuovo stadio, quindi, non solo non risolverebbe lo spaventoso sbilancio dei conti del Parma Calcio 1913, ma aggiungerebbe almeno altri € 80 milioni alla già pesantissima esposizione finanziaria della nuova proprietà del Parma Calcio 1913: oltre € 350 milioni — tra costo di acquisizione della società, conferimenti soci e prestiti — in larga parte bruciati dalle perdite e dal gravoso indebitamento lasciato dalla precedente gestione di Nuovo Inizio.
Malgrado tutto ciò, l’imprenditore americano, invece di preoccuparsi di risanare la situazione e ridimensionare i costi fuori scala del club di calcio, pare abbia in mente soltanto di mettere in campo un imponente progetto immobiliare che coinvolgerà l’intero quartiere Cittadella, l’area est di Collecchio e, stando alle ultime indiscrezioni della Gazzetta di Parma, anche lo stadio di Fidenza e relativi dintorni, dove lo stadio e lo sport del calcio sono soltanto il paravento, il “cavallo di Troia”, per edificare nuove cubature commerciali e turistico-ricettive, anche su terreni agricoli o destinati a verde pubblico o su altre aree che oggi sono vincolate per i piani vigenti.
Una situazione che, anche alla luce degli annunciati interventi immobiliari che incideranno su ampie porzioni delle diverse realtà urbane, porterebbe l’esposizione finanziaria dell’investitore americano ben oltre il mezzo miliardo di euro.
Il tutto con l’acquiescente avallo delle rispettive amministrazioni comunali, maggioranza e larga parte delle opposizioni, incuranti di chiedersi il perché di questo impressionante flusso di denaro che non ha alcuna apparente prospettiva di produrre un ritorno, invece di pretendere, come è loro preciso compito, le dovute informazioni e garanzie sulla provenienza di quei capitali, sulla reale disponibilità finanziaria dell’americano e sulla continuità aziendale del Parma Calcio 1913.
E non aiuta nemmeno la “cittadinanza attiva” (comitati e associazioni varie) che, preoccupandosi dei disagi legati al traffico, dell’inquinamento e del sacrificio di pochi alberi, altro non fa che agevolare l’amministrazione comunale, l’investitore americano, le lobby dei costruttori edili locali, i soggetti interessati a spartirsi l’affare immobiliare e gli organi d’informazione al seguito nel tenere lontana l’opinione pubblica dalla questione basilare e dirimente di tutta questa vicenda: quella economica.
(1) I calciatori sono trattati come beni strumentali e generano costi di ammortamento pari al loro costo di acquisto suddiviso per gli anni della durata del contratto.