L’Amministrazione comunale aveva bisogno di mitigare l’opposizione dei molti cittadini e dei comitati che hanno rapidamente raccolto il dissenso nei confronti di un progetto oggettivamente molto aggressivo per la città, nocivo per la qualità della vita e la sicurezza delle persone, con pesanti criticità di carattere urbanistico che aggraverebbero soltanto lo stress urbano e i problemi di traffico e inquinamento, e con un piano economico-finanziario preoccupante, bocciato dalla società di consulenza chiamata dal Comune a valutarlo in Conferenza di Servizi.

Per provare a disinnescare il diffuso malcontento, il Comune, invece di aprire una reale e approfondita fase di dibattito con la città, tenta l’espediente del confronto pubblico addomesticato attraverso una serie di limitazioni dell’ambito di discussione e di restrizioni nello svolgimento.

Viene subito chiarito dall’amministrazione comunale che l’opera si farà e sarà realizzata nell’ubicazione pretesa dal proponente privato — quindi lo svolgimento della Conferenza di Servizi decisoria, che ha il compito di valutare la fattibilità dell’opera, sarà una mera formalità con esito già scritto — e che lo scopo del confronto non è quello di mettere in discussione il progetto, ma di invitare i partecipanti a suggerire eventuali “migliorie” per ottenere qualche effetto di mitigazione dell’impatto sulla città.

Inoltre, lo strumento adottato dal Comune di Parma non è quello utilizzato dal Comune di Milano per il confronto pubblico sullo stadio di San Siro — che è regolato dalla legge sul Dibattito Pubblico (DPR 10 maggio 2018 n. 76) che prevede una rigorosa serie di requisiti, criteri, passaggi e garanzie a tutela del corretto svolgimento dell’intero percorso e che garantisce che il confronto riguardi tutti gli aspetti dell’opera comprendendo anche quelli utili a valutare se è opportuno o meno dar corso alla sua realizzazione — ma da una variante “casereccia”, basata sulla disinvolta interpretazione di alcuni articoli dello Statuto comunale. A ciò si aggiunga che l’adozione di questo singolare modo di procedere non è scaturita da una discussione in Consiglio comunale, che è l’organo di indirizzo e controllo rappresentativo della volontà popolare, ma da una decisione autonoma della Giunta.

La partecipazione viene in tal modo svuotata a priori della sua stessa ragione d’essere: coinvolgere i cittadini nelle valutazioni e decisioni che riguardano la realizzazione di un’opera che incide in modo rilevante sulla città. Ma questo ancora non basta. Vengono rigorosamente limitati il tempo a disposizione — meno di 1 mese e mezzo considerando le festività di fine anno: il bando di selezione del coordinatore / facilitatore è a tutt’oggi senza esito, il processo partecipativo dovrà concludersi tassativamente entro il 31/01/2023 — e la possibilità di approfondimento e discussione, dato che il numero di incontri sarà inevitabilmente limitato e alcune tematiche fondamentali, come l’ipotesi della delocalizzazione fuori dal centro urbano o se dar corso o meno all’opera, saranno rigorosamente escluse.

Infine, la conduzione del confronto pubblico viene affidata a un coordinatore che, data la fase molto avanzata di definizione del progetto, che impedisce qualsivoglia possibilità di rimessa in discussione, e i vincoli stringenti imposti dal Comune sul dibattito, invece di garantire l’imparzialità del processo partecipativo e aiutare i cittadini a formulare osservazioni e proposte, nella pratica si dovrà soltanto adoperare per incanalare le obiezioni in una direzione compatibile con le intoccabili esigenze del promotore privato del progetto.

Siamo al punto che l’Amministrazione comunale si guarda bene dal fare chiarezza sulla compromissione dell’integrità del plesso scolastico Puccini-Pezzani — che è un ostacolo al piano speculativo espansionistico a lungo termine che gravita intorno all’affare immobiliare del nuovo stadio nel pieno centro città — e del limitrofo parco Giacomo Ferrari, aree di proprietà pubblica che potrebbero diventare oggetto di edificazione di cubature commerciali collegate a cascata alla realizzazione del nuovo impianto di calcio.

Ecco quindi che il processo partecipativo, che dovrebbe coinvolgere la comunità fin dalle prime fasi della progettazione, perde ogni connotato potenzialmente positivo e viene sterilizzato in un contesto nel quale il confronto si riduce ad arida esposizione frontale di scelte già compiute che vengono calate dall’alto sulla testa dei cittadini.

Un confronto pubblico farsa, quindi, che utilizza due prassi da tempo entrate a far parte del sistema “partecipativo” parmigiano e che, a quanto pare, la nuova Amministrazione comunale ha adottato in perfetta continuità con quella precedente:

  • la definizione di un perimetro ristretto entro il quale i cittadini possono esprimere la loro opinione, senza alcuna possibilità di introdurre temi e metodi di discussione e di intervenire nelle fasi chiave della progettazione;
  • l’affidamento delle decisioni a gruppi di potere e comitati d’affari autocratici, che agiscono per i propri interessi, che hanno provata capacità di indirizzare l’agenda della città e di influenzare l’opinione pubblica attraverso il controllo dell’informazione (stampa e TV) locale.