Il Parma Calcio vuole demolire lo stadio esistente, che ha solo 30 anni, poi ne realizza uno nuovo che dovrebbe durare 87 anni, cioè quasi 3 volte tanto

Il progetto del nuovo Tardini, presentato in Comune il 13/9/2023, prevede la demolizione integrale dell’impianto esistente, che ha solo 30 anni di vita in quanto è stato completamente demolito e ricostruito a inizio anni ’90.

In sostanza il proponente Parma Calcio 1913 ha stabilito che il degrado funzionale, tecnologico e fisiologico dell’impianto, cioè il raggiungimento della condizione di vetustà e obsolescenza oltre il quale si procede alla demolizione e ricostruzione, si è compiuto in 30 anni.

Ma allora qualcosa non torna, perché poi è la stessa società Parma Calcio 1913 a prevedere che il nuovo stadio dovrà durare 87 anni (durata residua della concessione a stadio finito), cioè quasi 3 volte tanto, mettendo in conto costi di manutenzione straordinaria pari soltanto al 15% del suo costo complessivo di realizzazione.

Nel piano economico finanziario (PEF) del progetto definitivo (prot.  0182581.E del 13/09/2023) ci sono solo due voci che riguardano i costi di manutenzione straordinaria del nuovo impianto:

  • 5.1.3 Assunzioni sui costi operativi, Contratto O&M – Manutenzioni straordinarie: (i) manutenzioni edili; (ii) manutenzioni elettriche e idrauliche; (iii) manutenzioni arredi, allestimenti e attrezzature; per totali € 135.000 annui.
  • 5.1.4 Altre assunzioni di rilievo – Accantonamenti per lavori straordinari: (i) opere strutturali; (ii) opere edili e esterne; (iii) sistemi impiantistici; (iv) ascensori; (v) arredi, allestimenti e attrezzature; per totali € 103.400 annui.

Sono in totale € 238.400 annui. Il conto è presto fatto: € 238.400 moltiplicati per gli 87 anni di durata della concessione (da fine lavori di costruzione) fanno € 20.740.800.

A fronte di un costo complessivo di realizzazione di € 138.448.000 (oltre IVA), il piano economico finanziario mette in conto, per tutti gli 87 anni di vita del nuovo stadio, manutenzione straordinaria per € 20.740.800, pari al 15% dell’investimento iniziale.

Il problema dei contratti pubblici in cui la durata della concessione supera di gran lunga il ciclo di vita utile delle opere realizzate

Questo è il problema dei contratti pubblici in cui la durata della concessione supera di gran lunga il ciclo di vita utile delle opere realizzate. Problema più volte evidenziato da diverse fonti autorevoli (Osservatorio Nazionale del Partenariato Pubblico Privato, Osservatorio OICE-Informatel di Confindustria, ecc.) che studiano l’andamento dei contratti pubblici relativi alle concessioni di costruzione e gestione, in particolare per quanto riguarda il monitoraggio della fase di gestione successiva alla realizzazione delle opere.

Gli studi in questione dimostrano che il ricorso alla cosiddetta finanza di progetto, quale tecnica per sopperire alla carenza di risorse pubbliche, senza una realistica e responsabile valutazione ex ante della convenienza economica e sostenibilità finanziaria dell’investimento, ha portato negli ultimi anni a una elevata “mortalità” delle operazioni.

La scelta di coinvolgere risorse e capitali privati non dovrebbe essere mossa unicamente dalla scarsità di risorse pubbliche da destinare agli investimenti: lo scopo non dovrebbe essere l’opera da costruire, bensì la effettiva e dimostrabile utilità pubblica del servizio generato mediante una accurata e responsabile analisi costi-benefici e una comprovata sostenibilità economico-finanziaria dell’opera a fronte di tempi, costi e livelli di servizio prefissati e garantiti contrattualmente per tutta la durata della concessione.

Per le opere di edilizia impiantistica è prevista una vita utile di massimo 50 anni

In base agli standard stabiliti dall’UEEC (Unione Europea Esperti Contabili) e a fonti esperte in capital budgeting, per le opere di edilizia impiantistica, il deperimento fisiologico, funzionale e tecnologico, prima di raggiungere la vetustà e obsolescenza oltre la quale si procede alla demolizione e ricostruzione, prevede una vita utile di massimo 50 anni per le parti strutturali e 30 anni per impianti, allestimenti e finiture. Oltre questo limite temporale, la crescente incidenza dei costi di manutenzione straordinaria, necessari per fare fronte al deterioramento fisiologico delle strutture, all’obsolescenza degli impianti e delle tecnologie e alla necessità di costante adeguamento alle esigenze produttive, funzionali e concernenti la sicurezza, rende più conveniente procedere alla demolizione e ricostruzione.

Applicando questo semplice criterio al progetto del nuovo Tardini, con un costo di costruzione di € 113.636.000 (pari a € 82.482.000 per opere strutturali ed € 31.154.000 per impianti, arredi e allestimenti; come da Tabella 3.1 – Piano degli Investimenti, pag. 15 del PEF) e una vita utile di 87 anni, i costi per manutenzione straordinaria aumentano da € 238.400 a € 2.688.000 all’anno. Mancano all’appello ogni anno costi per € 2.449.600.

Esempi che dovrebbero far riflettere sulla credibilità delle ipotesi alla base del piano economico finanziario del nuovo stadio

Ecco alcuni esempi, piccoli e grandi, vicini e lontani, che dovrebbero far riflettere seriamente sulla credibilità delle ipotesi alla base del piano economico finanziario del nuovo stadio:

  • La piscina comunale di via Zarotto a Parma, intitolata a Giacomo Ferrari, edificata nel 1975, nel febbraio 2022 (a 47 anni di vita) ha definitivamente chiuso i battenti per gravi problemi di degrado funzionale e strutturale. Il Comune ha già deciso per la sua completa demolizione e ricostruzione con uno stanziamento di € 8.000.000.
  • Il PalaRaschi, il palazzetto dello sport di Parma intitolato a Bruno Raschi, edificato nel 1976, con una capienza di circa 3.000 spettatori, ha già subito due importanti interventi di adeguamento e ristrutturazione, uno nel 1987 (a 11 anni di vita), il successivo nel 2016 (a 40 anni di vita) e adesso (a 47 anni di vita) dovrà affrontare un pesante intervento di ristrutturazione che durerà 2 anni e per il quale il Comune ha già stanziato € 6.000.000 di contributo.
  • Lo stadio di Udine, noto come stadio Friuli, oggi Bluenergy Stadium. Inaugurato nel 1976, già a partire dal 1984 (a 8 anni di vita) dovette subire vari interventi straordinari di ammodernamento. Un importante e costoso intervento di ampliamento e restyling fu realizzato a fine anni ‘80 (a 13 anni di vita) per adeguare l’impianto in previsione dei mondiali di calcio 1990. Ulteriori lavori straordinari furono compiuti nel 2005 (a 29 anni di vita), altri interventi nel 2009 e nel 2012. Nel 2013 (a 37 anni di vita) sono iniziati i lavori di rifacimento dello stadio, eseguiti in diversi stralci e completati nel 2016, portando la capienza a 25.132 posti a sedere, con un investimento di circa € 35.000.000.
  • Lo stadio di San Siro a Milano, intitolato a Giuseppe Meazza, fu completamente rinnovato nel 1955-1956, con la costruzione del cosiddetto “secondo anello” e delle caratteristiche rampe elicoidali sulle facciate esterne, che ne portò la capienza da 55.000 a quasi 100.000 spettatori. Il primo anello, edificato negli anni 1937-1939, fu completamente rifatto nel 1979, per cui oggi la parte strutturale più vecchia dello stadio risale al 1955-1956, quindi ha 67 anni. Per ospitare i mondiali di calcio, negli anni 1987-1990 (a 31 anni di vita) lo stadio fu sottoposto alla più pesante ristrutturazione della sua vita, con la costruzione di un’ulteriore soprelevazione denominata “terzo anello” e degli 11 pilastri perimetrali, su 4 dei quali appoggia la nuova copertura realizzata in travature d’acciaio, portando la capienza a 85.700 posti a sedere. A partire dal 2000 (a 44 anni di vita), benché sostanzialmente non modificato nella forma generale, il Meazza è andato incontro a molteplici interventi straordinari per adeguarlo alle norme di sicurezza e alle esigenze di pubblico e sponsor, lavori che si sono protratti fino oltre il 2010. Oggi il Meazza (a 67 anni di vita della parte strutturale più vecchia rimasta in opera) è ritenuto avere raggiunto l’obsolescenza e i due club che lo utilizzano (Milan e Inter) stanno valutando di realizzare nuovi stadi altrove.
  • Lo stadio Santiago Bernabeu di Madrid fu interamente ricostruito nel 1959. Nel 1982 (a 23 anni di vita) subì un primo importante intervento di ammodernamento per ospitare i mondiali di calcio. Negli anni 1992-1994 (a 33 anni di vita) subì una seconda radicale ristrutturazione: l’altezza dell’impianto passò da 22 a 45 metri e la capienza fu ridotta da 125.000 a 90.800 spettatori. A partire dal 2001 (a 42 anni di vita) iniziò a subire una serie di costosi interventi e migliorie con i lavori che proseguirono fino al 2006. A partire dal 2010 (a 51 anni di vita) fino al 2014 lo stadio subì ulteriori importanti interventi di ammodernamento e ristrutturazione. Nel 2019-2021 (a 60 anni di vita) l’impianto ha subito un nuovo radicale intervento di ristrutturazione che da solo è costato € 893.000.000.

Quindi, nei fatti, abbiamo:

  • Una piscina comunale che dopo 47 anni deve essere demolita e ricostruita integralmente, con costi oggi almeno pari (in proporzione) al suo costo iniziale di costruzione.
  • Un palazzetto dello sport che in 47 anni ha reso necessari svariati interventi di manutenzione straordinaria per un costo complessivo equiparabile al costo iniziale di costruzione dell’opera.
  • Uno stadio di provincia (di una squadra che conta ben 51 presenze in serie A) che in 37 anni di vita ha subito molteplici onerosi interventi di manutenzione straordinaria e un’intera ricostruzione con costi complessivamente ben superiori all’investimento iniziale.
  • Due stadi di calcio “mondiali” che, rispettivamente in 60 anni il Bernabeu e in 67 anni il Meazza, hanno subito svariati importanti interventi di manutenzione straordinaria, con costi complessivi di gran lunga superiori all’investimento iniziale, con il Meazza che è stato dichiarato avere raggiunto il fine vita e Milan e Inter stanno progettando nuovi stadi altrove.

Poi, invece, abbiamo il progetto del nuovo stadio Tardini di Parma, che mette in conto costi di manutenzione straordinaria, per tutti gli 87 anni di vita dell’impianto, equivalenti al 15% del suo costo iniziale di realizzazione.

A Parma valgono ancora le leggi della fisica, della scienza delle costruzioni, dell’edilizia impiantistica, dell’economia aziendale e della finanza di progetto o anche per queste — come per il Ponte Nord la legge dello Stato che vieta inderogabilmente di edificare cubature abitabili sui corsi d’acqua — la nostra città gode di extraterritorialità?

Un piano economico finanziario che non regge alla più elementare prova dei fatti

A quanto pare non basta che il piano economico finanziario del progetto preliminare, quello presentato il 21/5/2021, sia stato bocciato dalla società di consulenza ingaggiata dal Comune per valutarlo, al punto che il responsabile del procedimento (RUP), per non concludere la Conferenza dei servizi con esito negativo, non lo ha approvato e ne ha rimandato ogni valutazione alla successiva fase del progetto definitivo.

Tra i molteplici rilievi negativi, la società di consulenza chiamata a valutarlo ha ritenuto i ricavi annuali dello stadio fortemente sopravvalutati rispetto ai comparativi (benchmark) di mercato.

Ora abbiamo il progetto definitivo che, a fronte di una riduzione dei posti a sedere da 24.738 a 20.986, prevede ricavi annuali maggiori di più del doppio rispetto a quelli già ritenuti fortemente sovrastimati nella precedente fase di valutazione del progetto preliminare. Come si può ritenere credibile che uno stadio con 3.752 posti in meno (-15,2%) e con le altre caratteristiche e funzioni in sostanza invariate possa generare ricavi annuali maggiori di più del doppio (+122,2%) rispetto a quelli già ritenuti inverosimili nella fase precedente?

Ecco i principali ricavi di gestione del nuovo stadio a supporto della sostenibilità economico-finanziaria del progetto:

  • Canone utilizzo stadio per la squadra di casa: € 2.500.000 se gioca in serie A, € 2.000.000 se gioca nelle serie minori. Oggi il canone è di € 151.000 se il Parma gioca in serie A, € 111.000 se in serie B. Ecco alcuni comparativi: il Napoli paga € 850.000; la Fiorentina € 950.000; Sampdoria e Genoa insieme € 350.000; il Torino € 500.000 se gioca in serie A, € 250 mila se in serie B; il Como € 95.800 se gioca in seria A, € 58.800 se in serie B; il Monza € 10.000.
  • Ricavi da vendita premium seating: € 5.294.300. Si tratta di 2.315 posti a sedere “premium” venduti, a quanto pare, separatamente rispetto ai biglietti e abbonamenti della squadra di casa. Quindi a Parma, dove il valore medio dei 6.000 abbonamenti dichiarati dal club per il campionato 2021-2022 è di € 94 cadauno (nella stagione 2018-2019, giocata in serie A, il valore medio era di € 185 cadauno), ci sono 2.315 persone disposte a pagare € 2.287 all’anno per avere un posto “premium” nel nuovo stadio?
  • Naming rights (diritti di intitolazione) stadio: € 3.500.000. Ecco alcuni comparativi: l’Atalanta (56 presenze in serie A) per lo stadio “Gewiss” riceve € 750.000; l’Udinese (51 presenze in serie A) per lo stadio “Bluenergy” riceve € 1.000.000; il Monza, per lo stadio “U-Power” riceve € 250.000.

Ma non basta, perché anche per quanto riguarda il fronte dei costi di gestione del nuovo stadio, in particolare i costi di manutenzione straordinaria per gli 87 anni di durata residua della concessione, come evidenziato, sembra che ci sia un evidente problema. Per un impianto sportivo del costo di costruzione di € 113.636.000 e una vita utile di 87 anni, i costi da mettere in conto per la manutenzione straordinaria non sono € 238.400 all’anno, come prospettato dal proponente, ma molto più realisticamente € 2.688.000. Mancano all’appello ogni anno € 2.449.600.

I costi sottovalutati e i ricavi sopravvalutati comportano ricadute di tale portata sui conti di gestione del nuovo stadio da avere effetti dirompenti sulla possibilità di “dimostrare la concreta capacità del proponente di eseguire la prestazione per l’intero arco temporale della concessione attraverso la responsabile prospettazione di un equilibrio economico-finanziario di investimenti e connessa gestione” (Consiglio di Stato, sez. V, 13/4/2018, n. 2214).

La sostenibilità economico-finanziaria, secondo le norme e granitica giurisprudenza Amministrativa, è un requisito essenziale e ineludibile per poter approvare il progetto.

È evidente infatti che se il soggetto privato, che avrà in concessione la costruzione e gestione del nuovo stadio, non sarà in grado di garantire l’equilibrio economico-finanziario durante tutta la fase di gestione dell’opera, la qualità dei servizi oggetto della convenzione pubblica verrà compromessa e le perdite e i debiti si accumuleranno fino a portarlo al fallimento, causando di riflesso danni erariali incalcolabili all’ente pubblico concedente.

Un’altra “tegola” si aggiunge a rendere ancora più insormontabili i problemi del progetto già evidenziati in un nostro precedente intervento dal titolo Stadio Tardini: il Comune è “fuori campo”.

Le molte questioni irrisolte che impongono al Comune di valutare seriamente se acconsentire ancora al progetto

Sono tutte questioni di tale portata e criticità da mettere questa amministrazione comunale nella condizione di dover ponderare molto seriamente se acconsentire ancora a un progetto che:

  • Ha un piano economico finanziario basato su ipotesi di costi e ricavi di gestione che alla più elementare prova dei fatti risultano inverosimili.
  • Ha letteralmente fatto piazza pulita delle prescrizioni impartite dalla Giunta nella delibera di pubblico interesse per la riqualificazione dello stadio. Comprese le più rilevanti, come il raggiungimento della “sostenibilità economico-finanziaria della proposta rifunzionalizzando gli elementi della costruzione che possano essere utilmente conservati […] a partire dalla tribuna Petitot […] con conseguente riduzione del costo”, quando invece il progetto prevede di radere al suolo l’intero impianto e un costo di realizzazione quasi raddoppiato rispetto al preliminare, e quella relativa alla “consistente e sostanziale riduzione della durata della concessione”, che viene al contrario riproposta invariata a 90 anni.
  • È in netto contrasto con gli indirizzi del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) che evidenziano le criticità urbanistiche dell’insediamento del Tardini, poiché ubicato nel pieno centro abitato, in corrispondenza di uno snodo particolarmente critico della cintura dei viali del centro storico, e immerso in un tessuto urbano residenziale altamente edificato, saturo e immodificabile.
  • Prevede l’edificazione del nuovo impianto in un’area assai limitata e fortemente interclusa dagli insediamenti edilizi al contorno, che ne rende impossibile l’ampliamento, a meno di smantellare un intero plesso scolastico e permettere di costruire in un parco pubblico.
  • Secondo un recente parere legale, sembra che l’intero procedimento del Tardini risulti affetto da invalidità a causa della mancata approvazione, in sede di Conferenza dei servizi preliminare, di uno dei due elementi essenziali (il piano economico finanziario) richiesti dalla norma.

Chi a Parma trae vantaggio da un’operazione così illogica?

Cosa spinge un’amministrazione comunale a sostenere politicamente un progetto così assurdo dal punto di vista urbanistico e palesemente antieconomico?

Con la società Parma Calcio 1913 che dall’inizio dell’avventura sportiva nel 2015 a fine 2023 conta in totale € 360 milioni di perdite economiche, di cui € 290 milioni da quando Krause è entrato nella compagine sociale del club, e il piano economico finanziario del nuovo stadio che fa acqua da tutte le parti, chi a Parma trae vantaggio da un’operazione così illogica?